Nel primo numero del 2015 di Economia della Marca Trevigiana abbiamo il piacere di intervistare il dott. Alberto Favaro, nato a Treviso, che ha studiato Fisica presso l’Imperial College London dove si è laureato ed ha svolto il master e il dottorato. Ha lavorato in Germania ora vive e lavora a Cambridge presto sarà a Londra. E’ ricercatore universitario in ambito di ottica ed elettromagnetismo, gravitazione e relatività e teoria della statistica.
Qui a seguire le ricerche realizzate:
Oct 2013 – Nov 2014 Research Associate, University of Oldenburg, Germany
Nonequilibrium statistical mechanics; efficient algorithms in Bayesian statistics.
Advisor: Prof. A. Engel
Oct 2012 – July 2013 DAAD Scholarship for Postdoctoral Research, University of Cologne, Germany
Relativistic classical electrodynamics; metamaterials and magnetoelectric crystals.
Advisor: Prof. F.W. Hehl
Oct 2008 – Nov 2012 PhD in Physics, Imperial College London, UK
Transformation optics and invisibility cloaks; electrodynamics with differential forms.
Supervisor: Prof. M.W. McCall
June – July 2008 Undergraduate Research Opportunities (UROP), Imperial College London, UK
Modelling the optical Kerr effect with the High Performance Computing (HPC) facility.
Supervisor: Dr. E.J. Grace
Student Research Program, Universidad Complutense de Madrid, Spain
Simulation of photonic crystals via the Finite Difference Time Domain (FDTD) method.
Supervisor: Dr. O.G. Calderon
June – July 2006 Undergraduate Research Program, University di Padova, Italy
Experimental study of nano-friction in ultra-high vacuum and low temperatures.
Supervisor: Prof. G. Mistura
Buongiorno, iniziando dai suoi percorsi di studio cosa l’ha spinta a scegliere l’indirizzo universitario di Fisica?
L’Interesse per la conoscenza e la cultura scientifica
Qual è stato il suo percorso professionale che l’ha portata all’estero?
La Germania è un’ottima esperienza e gli italiani dovrebbero apprendere la modalità della formazione in Germania che mette a disposizione borse di studio specifiche per l’importazione di competenze. Mi sono rivolto ad una organizzazione governativa la DAAD ( www.daad.org) che ha la finalità di favorire lo scambio accademico internazionale con il duplice scopo di favorire giovani tedeschi che vogliono andare all’estero e gli stranieri che vogliono andare in Germania,mantenendo un numero pari tra il totale di tedeschi all’estero e di stranieri in Germania. La formula è soprattutto per le persone che stanno facendo master e dottorato. Ci sono poi i finanziamenti per ricercatori veri e propri. Il programma è finalizzato in ogni dettaglio allo scambio per agevolare i giovani, per esempio mi è stato spiegato come funzionano le cose fondamentali, mi è stato dato aiuto con la burocrazia, con tutto ciò che uno straniero non sa. La Borsa di studi di Colonia includeva due mesi di tedesco intensivo e poi ho proseguito facendo corsi serali di tedesco. Per persone anche più giovani di me che stanno facendo il master e il dottorato è un’ottima esperienza. Questo fondo tedesco dava fondi per ricerche specifiche per cui mi sono messo in contatto con un advisor dal momento che la ricerca aveva una continuità con il mio dottorato e con la ricerca che avevo effettuato.
Consiglierebbe ad un giovane di intraprendere il suo percorso di studi individuando lo stesso sbocco professionale?
Consiglierei il mio percorso di studi e la mia carriera di lavoro a quei giovani che hanno passione e dedizione perché molta della soddisfazione per un fisico viene dal lavoro stesso.
Le ricerche che svolge vengono applicate dai governi e dalle imprese?
Sono un Fisico teorico per cui l’applicabilità degli studi viene in un secondo momento, ciò nonostante mi occupo di ottica pertanto le applicazioni ci sono e avvengono in campo industriale ed hanno una varietà che va dalle fibre ottiche ai laser, dagli ologrammi alla microscopia .
A suo parere quali sono le competenze inedite richieste dal mondo del lavoro sia in Italia che all’estero?
Ogni giorno il mondo del lavoro si basa sempre di più sulle competenze intellettuali, sulla creatività delle persone, sulle loro competenze tecniche. E’ un mondo che si basa sempre di più su una forma di cultura scientifica, su una capacità di essere creativi. Parlo di una creatività intesa come capacità intellettuale di risolvere problemi in modo nuovo. Quindi parlo di creatività, non nel senso artistico del termine, ma nel senso scientifico. La tecnologia ha una rilevanza sempre maggiore nell’ industria, pertanto c’è una componente di creatività scientifica e tecnologica sempre più importante. Intendo la capacità di pensare differente per trovare metodi più efficienti . Il profitto viene fatto dove ci sono buone idee che si basano su tecnologiche avanzatissime e non si basa più sull’ abbassamento dei costi o sul manifatturiero puro e semplice. Non c’è solo un’economia del lavoro aggiunto, siamo arrivati ad uno standard del lavoratore molto alto. Ora il lavoro si basa su un personale altamente formato e questo è uno standard al di sopra della norma, molto alto. L’aver fatto l’università non è più sufficiente. La persona che vuole emergere deve essere al di sopra dello standard che è già molto alto.
Le università italiane preparano a questo standard globale?
Quanto questa ricerca di uno standard di eccellenza sia dovuto alle università italiana o alla voglia di emergere del singolo, non lo so.
Il singolo emerge nonostante che un sistema funzioni o no.
L’individuo per lei è il fulcro del proprio successo?
Certamente sì, nel bene e nel male il mondo è molto individualistico. Ci sono aspetti positivi dell’individualismo. Vengono date responsabilità importanti all’individuo che ha voglia di emergere e questi capisce che ciò è possibile. Gli aspetti negativi invece portano all’ isolamento, come pure all’eccesso di competitività che non permette di lavorare in gruppo.
Il network è importante per voi ricercatori?
Certamente sì, i ricercatori lavorano su una scala che molto di frequente è transnazionale. Sia per i ricercatori che lavorano su grandi progetti vedi il CERN e la missione Planck dell’ Agenzia Spaziale Europea, sia per i ricercatori che lavorano su scala più piccola o che seguono una ricerca individualmente; anche in questo caso si lavora con colleghi che sono in altre nazioni. Io stesso ho lavorato con ricercatori dell’Inghilterra, Germania, Israele, Finlandia, qualche italiano. Tutto viene tenuto insieme per il fatto che internet dà la possibilità di rimanere in contatto. E’ importante che questo venga capito per la modalità con cui la ricerca viene sponsorizzata. L’università deve comprendere che il mio progetto includerà naturalmente altri colleghi esterni. Questo processo deve essere facilitato, queste collaborazioni esterne devono essere rese possibili quasi in maniera automatica perché è naturale che avvengano.
Così come per i ricercatori anche per le imprese il network è importante: cosa ne pensa?
Nell’industria è molto difficile creare delle collaborazioni perché ci sono problemi di protezione della proprietà intellettuale e si è orientati al profitto, pertanto non è altrettanto facile come in ambito universitario. Non credo che gli industriali abbiamo bisogno di sentirselo dire che ormai il commercio è su scala mondiale. Penso proprio che ormai lo sappiano.
Come individua il rapporto tra università, centri di ricerca e impresa?
Il rapporto tra impresa e ricerca è notoriamente difficile perché è molto difficile trovare il giusto bilancio. Ci sono due scenari classici: il primo è che l’ università cerchi il contatto con l’ industria e poi il ricercatore non sia in grado di produrre i risultati attesi. L’altro scenario è che l’industria si metta in contatto con l’università e quest’ultima venga considerata come un surrogato a prezzo ridotto, tipo laboratorio a basso prezzo. A causa di queste due possibilità il rapporto è molto difficile. Esistono però esempi di grande successo per esempio in Bosch in Germania. Conosco un ricercatore nato come ingegnere che lavora in Bosch ed ha sempre avuto un lavoro di responsabilità all’
università. La chiave del successo è stata una grande disponibilità dell’università nel consentirgli ad avere un lavoro, con una percentuale di ore all’ università. Il beneficio è per entrambe le organizzazioni. Dal punto di vista dell’impresa non c’è solo un beneficio derivante dalle competenze dell’università, ma chi lavora nei due ambiti, riesce a portare persone brillanti all’interno dell’impresa. La persona viene assunta nell’industria con la garanzia che questa persona abbia tutte le qualità di cui l’industria ha bisogno. E’ una selezione molto efficace. In Inghilterra ci sono spin-off di tecnologie nate sotto l’ombrello dell’università poi diventate indipendenti. La Germania è un paese fortemente industriale e il rapporto tra ricerca e impresa è molto stretto.
Cosa dovrebbero fare le imprese per affrontare la crisi?
La crisi non è nata in un giorno. Alcune imprese erano preparate alla crisi e quindi non l’hanno subita. L’eccellenza e la capacità dell’impresa ad adattarsi viene costruita negli anni lavorando, pensando sempre al futuro. Per queste aziende quando è arrivata la crisi, non è stata una sorpresa. E’ importante capire quali siano le qualità che l’industria deve avere e non ci si deve aspettare un risultato immediato. Se ci fosse più ricerca sarebbe meglio. E’ un aspetto quasi ovvio e cioè che in Italia non venga speso il necessario, siamo a livelli da sotto finanziamento. Il primo punto è che i soldi ci devono essere. Senza i soldi non si fa nulla . Quindi prima ci deve essere il finanziamento poi si parla su come verranno spesi. All’estero il sistema del finanziamento è un sistema misto. Il pubblico ha una parte molto importante nelle discipline teoriche. Finanziare la scienza anche se non è immediatamente applicabile all’industria è molto importante perché forma i giovani ad un diverso modo di pensare perché poi insegneranno nell’università o lavoreranno nell’industria .
Un esempio è Internet creato affinché i ricercatori potessero tenersi in contatto. La cultura tecnica è fatta di molte cose: fatta dalla risoluzione di cose specifiche e da una cultura teorica che ha una parte essenziale. Un’applicazione nell’industria ha bisogno di metodi matematici e competenze tecniche sviluppate in un altro contesto. I matematici svolgono un ruolo importante perché quando un fisico ha bisogno di un determinato metodo trova la soluzione al problema già pronta, creata dai matematici potendo così dare attenzione ad aspetti più applicati. La scienza è un oggetto complicato e nelle sue versioni migliori è un misto di teoria di alto livello e di un certa capacità di applicare la ricerca a problemi o prodotti specifici. In Italia manca quel tipo di agenzia che media tra l’università e l’ impresa. L’Università e l’ istituto di ricerca hanno la funzione di fare ricerca ma anche di produrre prodotti specifici e di avere un certo impatto nell’industria. Qui a Cambridge un istituto di ricerca sul DNA ha come suo output un data base che serve alle aziende farmaceutiche. Il Max Planck di Erlangen (Germania) fa ricerca nell’ottica ad alto livello, ma anche ricerca applicata all’ottica. Ci sono istituti di ricerca in Italia, ma non assolvono alla funzione. C’è un problema anche di stima. Il contribuente ha la sensazione di finanziare una persona che non fa niente e custodisce un baronato. Questo è il motivo della disistima. Il rapporto va ricercato dando fiducia all’università e ai centri di ricerca e da parte di quest’ultimi dimostrare che la fiducia è ben riposta .
Che competenze dovrebbero cercare le aziende?
Le aziende dovrebbero cercare giovani che siano creativi e che attraverso la loro creatività diano futuro all’impresa. Il successo non sempre deriva dall’alto, ma anche dalle persone che ogni giorno hanno a che fare con le cose. Parlo dunque di applicazione creativa delle competenze scientifiche, perché entrino nell’impresa attraverso i giovani e non siano semplicemente il risultato di un pensatore illuminato al vertice. Competenze sempre più diffuse dunque, ma molto rare e che sono difficili da dimostrare nella brevità di un colloquio. Sicuramente trovo che la creatività sia il valore aggiunto. Il significato è molto diverso dalla creatività come si intende normalmente, quella italiana, il made in Italy che significa prodotto molto creativo, bello di design, in cui i dettagli vengono curati con attenzione, io intendo per creatività la capacità di sviluppare nuove tecnologie, capacità di cambiare direzione, strategie industriali, di risolvere problemi in maniera innovativa, idee che paiono strane, poco realizzabili, ma che sono la strada verso il successo.
La redazione ringrazia il dr Alberto Favaro per aver condiviso con il territorio la sua esperienza di studio e lavoro all’estero.
I nostri più vivi complimenti per i risultati raggiunti.
Silvia Trevisan
Editor Economia Marca Trevigiana
Bimestrale CCIAA Treviso