Si parla ormai da tempo dello Storytelling come se fosse un semplice modo di raccontare un’esperienza vissuta. Ma cosa distingue un corporate storytelling, capace di comunicare veramente con il proprio target finale, da una semplice storia raccontata? E poi, può una piccola impresa usare lo storytelling o i tempi non sono ancora maturi?
Ne abbiamo parlato, alla Fondazione Fornace dell’Innovazione di Asolo, con Andrea Bettini autore del libro “Non siamo mica la Coca-Cola, ma abbiamo una bella storia daraccontare”
Buongiorno Andrea ci puoi raccontare cosa s’intende per corporate storytelling?
Il corporate storytelling é l’applicazione dello storytelling quale tecnica narrativa che deve essere strategica per l’impresa e rivolta alle diverse funzioni aziendali. Non solo dunque alla comunicazione che naturalmente è la più conosciuta, ma anche alla funzione Prodotto, al Marketing strategico e alle Risorse umane da cui il racconto dovrebbe proprio nascere.
Cosa significa fare corporate storytelling per le risorse umane… per realizzare che cosa?
Per realizzare un primo percorso di narrazione interna che non è solo un progetto di condivisione di una storia, ma un momento per creare o riprendere la forza di un’azienda data dalle persone e, a sua volta, per far sentire le persone parte di questa storia comune. E’ molto importante riuscire in questa operazione perché si va a ricreare un tessuto, a riprendere i valori dell’azienda, a farne un’azione di ripristino dello spirito di squadra. Il corporate storytelling deve raccontare la magia della collettività, perché ogni dipendente, collaboratore, ognuno é protagonista della storia dell’azienda. Diventa così un elemento collante per costruire uno spirito di squadra e per mettere in vista le eccellenze, e così il talento. Questa tecnica narrativa è capace di proporre una visione di solidarietà e meritocrazia. I primi ambasciatori sono chi lavora in azienda. Non dobbiamo dimenticare che racconta anche chi si trova male all’interno di un’azienda e va a minare la forza di un’impresa. Corporate storytelling nell’ambito delle risorse umane significa dunque far sentire le persone parte di una storia.
Nelle altre funzioni aziendali come é applicabile lo storytelling? Cosa significa verticalizzazione?
Lo storytelling nella funzione prodotto significa raccontare una storia attraverso il prodotto. Significa iniziare a narrare partendo da quando é nata l’idea e poi continuare a raccontare e a raccontarsi come azienda attraverso le scelte successive, per esempio del packaging volto a identificare un messaggio, perché tutto ciò che é del prodotto racconta il prodotto e di conseguenza l’azienda. La modalità del lavoro é il confronto, l’identificazione e l’individuazione delle necessità.
Per quanto riguarda lo storytelling applicato al marketing strategico significa fare un’analisi dei bisogni e identificare la collocazione del prodotto all’interno del mercato. É necessario creare l’identikit di dove si trova l’azienda. Per fare ciò è importante fermarsi e capire la posizione che si occupa nel mercato. Il racconto ha la capacità di riprendere l’identità, di raccontarne la storia, la nascita, ma anche comunicare a tutta l’organizzazione dove si é arrivati. Lo storytelling è uno strumento basilare per capire i risultati raggiunti everso quale direzione si va. La narrazione viene affiancata al modello di marketing.
Nell’ambito della comunicazione significa narrare l’impresa attraverso le emozioni, il coinvolgimento. Le storie servono per creare empatia tra il soggetto e chi ascolta. Per fare ciò usiamo la scrittura, ma non solo, anche immagini, la ritrattistica, l’infografica.
Quali linguaggi utilizza lo storytelling?
L’unico limite è la fantasia. Io mi occupo di parole, ora vanno anche molto i video, la fotografia vanno molto forme di nicchia quali la fumettistica, la infografica, ma al di là dei mezzi è la loro combinazione che è molto bella perché pur con linguaggi diversi si va a creare una narrazione che ha un’unica coerenza.
Si parla dunque di cross medialità cioè piattaforme diverse. Il racconto continua in mezzi diversi anche attraverso i film così come attraverso il videogioco, nessuna piattaforma è preclusa.
Quali sono gli aspetti da curare di più nello storytelling?
E’ necessario puntare sulla qualità dei contenuti, creare attenzione. Per dare una nota tecnica: il titolo incide per il 70% sull’invito alla lettura.
Con gli smart phone inoltre è cambiato il ruolo del consumatore che ora è diventato soggetto che crea contenuti e che apporta il suo racconto.
Ci sono regole da rispettare?
Regola numero uno è l’ascolto, per farti un esempio, quando si viene chiamati da un’azienda, non si deve iniziare a prendere appunti, riscrivere i racconti, riprendere con la telecamera, ma bisogna mettersi in sintonia con l’interlocutore o gli interlocutori e ascoltare. Il corporate storytelling non va a raccontare un’unica figura, come si faceva in passato, ma mette su un unico piano narrativo tutti gli interlocutori. E’ importante creare empatia, capacità di ascolto, sensibilità, memoria visiva, buona dose di curiosità.
E’ come bersi un aperitivo insieme, è importante sapere chi hai di fronte, selezionare un linguaggio consono, avere creatività e semplicità oltre le competenze tecniche.
E’ importante creare e sentire entusiasmo, avere la capacità d’ immedesimarsi, riuscire “a farsi offrire un altro aperitivo”.
Perché se uno si appassiona alla mia storia, fa sua la storia e la racconta ad altre persone e così si attiva un percorso narrativo.
Qual è la sfida più grande?
La mia sfida è di applicare questa metodologia alle piccole medio imprese. C’è una grande necessità per come è strutturato il nostro territorio, in cui la piccola e medio impresa è diffusa.
L’ulteriore sfida è raccontare prodotti che apparentemente non sono raccontabili. Per esempio un’azienda di infissi di finestre, di metalmeccanica. La sfida è di far emergere un racconto anche da queste realtà.
Silvia Trevisan