Una interprete e traduttrice a San Pietroburgo. Intervista a Monica Pasin

 

Nel numero  04/2014 di EMT abbiamo il piacere di incontrare la dott.ssa Monica Pasin nata a Treviso che ha studiato presso la Scuola di Lingue Moderne per Interpreti e Traduttori (SSLMIT) dell’università degli Studi di Trieste. Ha vinto la borsa di studio e placement del MIUR rivolta agli studenti di russo delle università italiane ed ora si trova a San Pietroburgo.

 

 

 

 

Che studi hai fatto? Come ti sei trovata all’università di Trieste?

Ho studiato alla Scuola di Lingue Moderne per Interpreti e Traduttori (SSLMIT) di Trieste. Mi sono laureata alla triennale in Comunicazione Interlinguistica Applicata in inglese, russo e francese, e una volta superato anche il test d’ingresso per la magistrale in inglese e russo, mi sono iscritta al curriculum misto Traduzione e Interpretazione. Parte della mia formazione si è svolta all’estero (ho fatto un tirocinio a Liverpool al secondo anno, uno scambio a Mosca al terzo e l’Erasmus a Leeds al quinto), e per quanto questa sia stata una scelta mia, riconosco che l’esperienza alla SSLMIT è stata fondamentale in questo senso. Dopo aver sentito innumerevoli lamentele sull’università italiana, voglio spezzare una lancia in favore della mia facoltà, in cui gli insegnamenti sono quasi sempre pratici e utili, nulla viene regalato e lo stress e la fatica preparano non solo al mondo del lavoro, ma ad affrontare la vita con l’atteggiamento giusto. Certo, non è tutto rose e fiori; se in passato la SSLMIT poteva dirsi la miglior scuola per interpreti in Italia, ora la sua offerta formativa si sta impoverendo, con sezioni di lingue come quella di cinese e portoghese che chiudono perché allo scadere dei contratti dei professori non ci sono i fondi per le nuove assunzioni. Dispiacere a parte, sono soddisfatta di essermi formata in un posto in cui le lingue vengono insegnate da professori madrelingua, le lezioni di traduzione sono tenute da alcuni dei migliori traduttori in Italia basandosi sul materiale per cui c’è effettivamente domanda sul mercato, e soprattutto in un ambiente in cui si respirano culture diverse; e non può essere altrimenti, dato che la scuola attrae studenti da tutta Italia e anche da molti paesi europei.

 

Perché hai scelto questo percorso di studi?

Per passione, prima di tutto! Ho sempre amato le lingue, l’italiano in primis. Volevo un percorso di studi che mi permettesse di lavorare con le parole, imparare continuamente e immergermi in culture diverse dalla mia. Ho iniziato a studiare Traduzione alla SSLMIT per due motivi: da un lato, essendo cresciuta nella crisi, mi sono dovuta scontrare con la convinzione diffusa che Lettere e Lingue e letterature straniere fossero facoltà che pagavano poco; ma soprattutto, ho sempre sentito il bisogno di sfidare me stessa, di fare qualcosa di difficile, e la prospettiva di una facoltà prestigiosa con un test d’ammissione molto selettivo mi attirava. Una volta superato il test d’ammissione in inglese (che quindi diventava automaticamente la mia prima lingua di studio), ho riflettuto sulle due lingue che erano considerate le più difficili tra quelle insegnate a Trieste, ovvero russo e arabo, e ho scelto russo perché impararlo ad un buon livello avrebbe richiesto meno tempo; senza contare che con il suo complesso sistema di declinazioni e costrutti mi ricordava il latino, la mia lingua preferita da sempre. La scelta del francese è venuta di conseguenza, per amore di questa lingua che avevo studiato alle medie, per la buona fama di cui la sezione di francese gode e per l’importanza che il francese tuttora riveste nelle ONG e negli organismi internazionali. Posso dire di aver seguito il cuore, di aver preso quelle che erano le mie passioni e attitudini a 19 anni e di averle incanalate nella direzione che mi sembrava più concreta e stimolante.

 

Che borsa di studio hai vinto e con che meriti?

Ho vinto una borsa di studio del MIUR rivolta agli studenti di russo delle università italiane. Il programma era molto interessante: si trattava di un bando studio-placement che prevedeva di trascorrere tre mesi in una città russa lavorando come assistenti di lingua italiana nelle scuole della Federazione Russa, frequentando contemporaneamente corsi universitari di lingua russa. Il concorso coinvolgeva tutte le università italiane in cui fosse previsto l’insegnamento  del russo, perciò la competizione era elevata. Requisito fondamentale per accedere alle selezioni era possedere esperienza nell’insegnamento dell’italiano a stranieri (in questo senso si è rivelato provvidenziale l’aver fatto il tirocinio della triennale all’estero, in una scuola di Liverpool), oltre ad aver superato esami universitari di linguistica italiana. La prima fase di selezione si è tenuta in università ed è consistita in un esame orale di lingua e cultura russa più un colloquio motivazionale, il tutto davanti ad commissione mista interna e esterna. Superata questa fase, le candidature sono state valutate dal ministero, che ha nominato i vincitori delle 60 borse. La città russa di destinazione era a discrezione dei borsisti, ed avendo già provato la vita a Mosca ho deciso di puntare su San Pietroburgo per questa nuova esperienza.

 

Cosa significa fare uno stage all’estero e in particolare in Russia?

Credo che le esperienze all’estero, e gli stage in particolare, siano importantissimi.  Durante questi cinque anni di università ne ho fatto una priorità. Ho scelto di fare il tirocinio obbligatorio in Inghilterra invece che in Italia. Sono partita per l’Erasmus per 6 mesi durante il mio quinto anno nonostante il rischio di “restare indietro”, e una volta tornata mi sono rimessa al passo con i corsi a Trieste. A luglio avevo finito tutti gli esami, ma ho deciso di posticipare la laurea all’ultima sessione utile, quella di marzo, e partire nuovamente, per approfittare di tutte le occasioni di scambio che lo status di studente universitario poteva darmi. Nel corso di questi anni e esperienze all’estero mi sono resa conto di quanto faccia crescere il fatto di studiare e lavorare al di fuori della propria comfort zone, con una lingua e in una cultura che non sono le tue. Significa imparare a una velocità impressionante, non solo acquisendo nuove competenze pratiche ma anche sviluppando le proprie doti relazionali.  Significa acquisire gli strumenti per muoversi agevolmente in un ambiente di lavoro culturalmente diverso: imparare a scrivere una lettera commerciale in inglese usando le formule di cortesia che permettono a noi italiani di non venire percepiti da loro come maleducati, rendersi conto del peso enorme che il marketing ha in Inghilterra , dove anche il negozietto più umile ha un’insegna enorme, o il servizio più semplice viene presentato con una dovizia di particolari entusiasmante.
L’esperienza “sul campo” forse è ancora più intrigante in Russia, dove le barriere culturali e linguistiche sono più difficili da penetrare. Qui viene dato un grande peso alla cultura, perciò avere una buona conoscenza sia della loro che della propria è un grande vantaggio. Le citazioni letterarie sono molto utilizzate, servono ad avvicinare le parti e spesso a siglare con un sorriso una transazione commerciale. Noi italiani siamo generalmente avvantaggiati nei rapporti, dato che i russi nutrono un amore sconfinato per il nostro paese. Tuttavia ci sono dei meccanismi che si comprendono solo lavorando qui: si impara a interpretare le loro espressioni, i loro livelli di confidenza, i loro ritmi. Si scopre che un gesto per noi scontato come il sorriso qui ha un peso maggiore che in Italia, e per questo è evitato nei rapporti superficiali, in cui può minare la fiducia dell’interlocutore o addirittura, se arriva da una ragazza, essere frainteso come segnale di disponibilità. Ci si misura spesso con il fatto che dalla perestroika in poi i russi sono fortemente money-oriented, e nei contratti tendono a tirare la corda ben oltre il limite di sopportazione di noi italiani. La Russia è un paese enorme ancora estremamente tradizionale, anche tra le nuove generazioni, ma allo stesso tempo ansioso di mettersi al passo con quanto accade fuori; basti pensare al successo che stanno avendo qui molte catene occidentali come Starbucks nonostante vendano il caffè a 5 euro, contro i 2 euro dei caffè locali.

 

Che consigli dai ai giovani che stanno iniziando il loro percorso di studio?

Non ho risposte in tasca, dato che io stessa devo ancora trovare il mio posto…ma d’altronde questa è una condizione comune alla maggior parte dei miei coetanei. Però posso consigliare per esperienza alla nuova generazione di universitari di non farsi demoralizzare dal pessimismo imperante, ovvero di non basare le proprie scelte sulla paura di non trovare lavoro. Le alternative ci sono, anche se non sempre a portata di mano. Per questo è importante imparare l’inglese  e muoversi, muoversi, muoversi. Fare stage all’estero. Andare a lavorare in Inghilterra d’estate, a costo di posticipare qualche esame. E se non si riesce proprio a scegliere una facoltà, non bisogna scegliere per forza: prendersi un gap year, cosa che tra l’altro in molti altri paesi gli studenti fanno di prassi, può essere illuminante, come lo è stato per vari miei amici. Ci sono mille possibilità di lavoro all’estero che permettono di mantenersi per un anno facendo esperienze altamente formative. Se invece si intraprende un corso di studi ma poi ci si rende conto che non è quello giusto, ben venga il passaggio a un’altra facoltà: l’importante è evitare di fossilizzarsi per la paura di perdere tempo. Il tempo non si perde; si trasforma in esperienza, a patto di restare attivi e curiosi verso il mondo che ci circonda. Credo che si debba puntare prima di tutto alla realizzazione personale; e questo vuol dire trarre soddisfazione sia da quello che studiamo (i buoni voti e il successo arriveranno di conseguenza), sia dalla dimensione extra-accademica. Per questo consiglio anche di coltivare le proprie passioni piuttosto che concentrarsi solo sullo studio, magari solo per un voto in più all’esame. Al di là del piacere personale che genera, accade spesso che una passione si riveli preziosa nella vita professionale, o perché si trasforma in un lavoro vero e proprio, o perché costituisce quel quid in grado di convincere un potenziale datore di lavoro che abbiamo una marcia in più rispetto ad un concorrente.

 

La redazione di trevisobellunosystem.com ringrazia la dott.ssa Monica Pasin per  aver condiviso con il territorio la sua esperienza di studio e borsa di studio e placement all’estero.

I nostri complimenti per i risultati raggiunti! 

Per contattare  Monica monica.pasin@gmail.com

Silvia Trevisan
Editor Economia Marca Trevigiana
Bimestrale CCIAA Treviso